Angelo Riviello Moscato (Campagnese) & Giulio Pippi Romano con Marcantonio Raimondi Bolognese -
I Modi - Sonetti Lussuriosi
Dalla serie "Identità & Memoria"
fase 1: "I Modi & suoi derivati" - opere in cantiere (work in progress dopo aver completato la sostituzione con le "Imprese" di Giulio Cesare Capaccio, dell'idea progettuale con il primo dei disegni dal 2000/2004, e prima del trasloco da Milano a Campagna) -
(16 bozze preparatorie dei 16 modi disegnati da Giulio Romano, opera eseguita nelle 16 incisioni di Marcantonio Raimondi reinterpretate nella pittura da Angelo Riviello)
Introduzione storica (anche con interpretazioni e ipotesi), di Federico Giannini, giornalista d'arte
"I Modi di Giulio Romano: la vera storia di un'opera hardcore"
I Modi
Iniziamo subito dal
chiarire di cosa stiamo parlando: I Modi
sono (o meglio: furono, perché come dicevamo prima non siamo più in possesso
degli originali) una serie di sedici disegni chiamata così perché i soggetti
sono nient’altro che sedici coppie raffigurate in diverse posizioni
"durante l’amore"1, per usare una perifrasi di Franco Ambrosio. Per
essere più precisi, sedici coppie raffigurante in altrettanti rapporti sessuali espliciti, tutte in
posizioni differenti. È Giorgio Vasari
che ci spiega come dobbiamo intendere la parola "Modi": lo storico
dell’arte aretino dice che nell’opera di Giulio Romano possiamo vedere "in
quanti diversi modi, attitudini e positure giacciono i disonesti uomini con le
donne" (facile intuire come Vasari fornisca una lettura negativa
dell’opera). Interessante notare l’uso dell’aggettivo "disonesto":
siamo in epoca di Controriforma e tale era l’aggettivo giusto, secondo la
morale del tempo, per indicare tra le altre cose anche una pratica sessuale che
non riscontrasse l’approvazione da parte della Chiesa.
Se rimaniamo nell’ambito dell’arte
erotica, o di quella più spiccatamente pornografica
dacché spesso i Modi vengono
associati alla pornografia, ci troviamo ad aver a che fare con un’opera di
primaria importanza perché secondo la studiosa statunitense Bette Talvacchia (Docente di Storia
dell’Arte alla University of Connecticut), che ha dedicato molti studi a Giulio
Romano e ai Modi, i disegni dell’artista allievo
di Raffaello costituirebbero il primo caso in Italia di una serie
raffigurante situazioni sessuali esplicite e messe in commercio tramite il
mezzo della stampa, probabilmente proprio con l’intento di diffondere l’opera
presso il pubblico per ricavarne profitto. Non sappiamo se ci sia stato un
committente, anzi: è molto probabile che Giulio Romano abbia agito di propria
iniziativa, e le ipotesi più aggiornate vogliono che i disegni siano stati
realizzati (note n. 19✳ dopo
aver ridisegnato nell’urbanistica la Città di Campagna, tra il 1518 e il 1520,
per volere di Melchiorre Guerriero cittadino
campagnese e alto prelato nella Curia Vescovile romana) e poco prima della partenza
dell’artista per Mantova, dove fu chiamato da Federico II Gonzaga (appare perciò infondata l’ipotesi che circola
su molti siti web, secondo la quale fu lo stesso marchese di Mantova il
committente dei disegni). Quest’ultimo evento, la chiamata di Giulio Romano a
Mantova, evitò all’artista un sacco di guai.
Parallelamente infatti,
Marcantonio Raimondi traeva dai disegni di Giulio una serie di incisioni che
furono pubblicate e distribuite e trovarono ben presto una rapida diffusione
(ovviamente clandestina) in tutta Europa. Vasari, nella sua Vita di Marcantonio
Bolognese e d’altri intagliatori di stampe ci fornisce diversi particolari
della vicenda che riguardò l’incisore collega di Giulio Romano: le opere furono
proibite e il povero Raimondi fu messo in prigione, e riuscì a tirarsene fuori
solo grazie all’intervento di alcuni suoi amici influenti. Vasari cita il
cardinale Ippolito de’ Medici,
cugino di papa Clemente VII, e Baccio Bandinelli, artista protetto da
Clemente VII fin dai tempi in cui Giulio
de’ Medici non era ancora salito al soglio pontificio: probabilmente, oltre
a farlo uscire dal carcere, gli salvarono anche la vita. Davvero tanto per un
artista che aveva solo ("solo", chiaramente, agli occhi di chi legge
oggi) inciso e distribuito immagini erotiche che magari, scherzando, potremmo
pure considerare le antesignane di quelle odierne! Ma tale era la morale
dell’epoca. Giulio Romano invece, fortunatamente, non subì l’eco delle vicende
che si consumavano a Roma nello stesso tempo.
Abbiamo detto prima che i Modi erano il primo caso in Italia di pittura di scene di sesso esplicito e per di più pensata essere messa in commercio.
Potremmo chiederci cosa spinse Giulio Romano a saggiare il terreno della
pornografia, e per rispondere a questa domanda dobbiamo calarci in quel
particolare contesto di interesse per l’antichità (in particolare per quella
romana) che aveva caratterizzato il Rinascimento: un interesse che si
concretizzava nello studio diretto di ciò che rimaneva dell’arte classica (e
non dimentichiamo che Giulio Romano, il cui vero nome era Giulio Pippi, era di Roma, e pertanto aveva passato tutta la sua
esistenza a contatto con l’arte classica). Sempre Bette Talvacchia ipotizza che
Giulio Romano fosse in possesso di alcune spintriae.
Con quest’ultimo termine intendiamo "tessere, del diametro di 20-23 mm,
caratterizzate da varie raffigurazioni erotiche su un lato [...], accompagnate
sull’altro lato [...] da un numerale romano, generalmente da I a XVI"11.
Non sappiamo bene a cosa servissero le spintriae,
ma secondo l’ipotesi più accettata dagli studiosi si trattava forse di gettoni
che servivano per pagare le prestazioni nei postriboli. È ipotizzabile che
Giulio Romano fosse venuto in possesso di tali tessere (e con questo si
spiegherebbe anche la presenza di alcune spintriae nelle collezioni dei
Gonzaga) e sarebbe stato spinto a rappresentare sedici disegni in virtù della
numerazione delle monete (non lo sappiamo con certezza: è un’ipotesi) pensando
che i numeri indicassero una sorta di elenco delle posizioni. Perciò
deriverebbe forse da questo rinascimentale interesse per l’antichità l’idea che
sta alla base dei Modi: un interesse
per l’antichità che si concretizzava anche nella raffigurazione di scene di sesso.
Ben presto anche il
grande letterato Pietro Aretino si
interessò ai Modi dell’artista
romano, tanto da pubblicare sedici sonetti (i famosissimi Sonetti lussuriosi, o meglio i Sonetti
sopra i XVI modi) ognuno dei quali commentava uno dei disegni di Giulio
Romano. A dare conto del prosieguo della vicenda è ancora una volta Giorgio
Vasari: "a ciascun modo fece Messer Pietro Aretino un disonestissimo
sonetto, in tanto che io non so qual fusse più, o brutto lo spettacolo dei
disegni di Giulio all’occhio, o le parole dell’Aretino agl’orecchi". Siamo
sempre nel 1524, Pietro Aretino si trovava a Roma e oltretutto perorò, insieme
agli altri personaggi di cui si è detto prima, la causa di Marcantonio Raimondi
(di cui era amico) e si inimicò il datario pontificio Gianmatteo Giberti, con
cui ebbe scontri accesi, tanto che il 28 luglio del 1525 il letterato di Arezzo
fu anche accoltellato da un sicario, un bolognese che si chiamava Achille della Volta: fu questo
l’episodio che fece lasciare per sempre Roma a Pietro Aretino, che andò poi a
Mantova alla corte di Federico Gonzaga per poi trasferirsi nuovamente nel 1527,
questa volta a Venezia.
Ma tornando ai Modi di Giulio Romano... in conclusione,
cosa ci rimane di tutto questo a distanza di cinque secoli? Poche cose. I
disegni originali sono andati del tutto perduti, mentre delle incisioni di
Raimondi ne sopravvivono soltanto due, una conservata alla Bibliotheque Nationale di Parigi e l’altro all’Albertina di Vienna mentre alcuni frammenti si trovano al British Museum di Londra. Tuttavia
possiamo immaginare come potessero essere gli originali perché sopravvive una
raccolta di xilografie cinquecentesche, poste a illustrazione dei sonetti di
Pietro Aretino, e possiamo farci comunque un’idea un po’ più approfondita
attraverso una serie di incisioni del 1526 circa di Jacopo Caraglio (su disegno di Perin
del Vaga, ma anche con contributi del Rosso
Fiorentino, stando a quanto ci dice il solito Vasari) che pur non
riproducendo i Modi si ispirava
all’opera
di Giulio Romano: si
tratta degli Amori degli dèi, che si
differenziava dai Modi proprio perché
i protagonisti erano dèi dell’antichità e non persone comuni (come nei disegni
di Giulio), nelle quali magari i fruitori potevano immedesimarsi di più. La
serie di Caraglio è riuscita a sopravvivere meglio intanto perché più
edulcorata rispetto ai Modi e poi
perché la scelta di fare degli dèi antichi i personaggi principali ha fatto sì
che la censura non fosse così rigida come nei confronti della serie di Giulio.
Tuttavia il nostro
rammarico oggi è quello di non poter avere più i disegni originali (e,
ovviamente, di avere solo pochi frammenti superstiti delle incisioni) di quella
che fu la prima opera pornografica
moderna pensata per un pubblico, un’opera che ha lasciato un segno dato che
ebbe vasta influenza sia sull’arte successiva (abbiamo appena visto l’esempio
delle incisioni di Caraglio) che sulla morale, e la volontà di Pietro Aretino
di difendere in qualche modo l’opera a colpi di sonetti e adoperandosi per far uscire dalla prigione Marcantonio
Raimondi è un’altra bella testimonianza: una testimonianza che ci racconta di
alcuni uomini che cercarono di sfidare la loro epoca (se intenzionalmente o no
non ci è dato saperlo, ma di fatto andò così) e oggi sono rimasti nella storia
anche per questo.
Federico Giannini - 29/06/2012
Federico Giannini, giornalista d'arte, ha
fondato "Finestre sull'Arte" nel 2009 con Ilaria Baratta. Nato a Massa nel 1986 e
laureato a Pisa nel 2010. Oltre che su queste pagine, scrive su "Art e Dossier", "Tafter, mostreINmostra" e "Daily Slow".
Note
1. Franco Ambrosio, Giulio Romano, Mondadori, 1992 (p. 9) ↑
2. Giorgio Vasari, Vita di Marcantonio Bolognese e d’altri intagliatori
di stampe in Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, 1567 ↑
3. Cfr. Massimo Firpo, Note su una biografia di Reginald Pole in Rivista
storica italiana, CXIII, 2001, III (p. 886). ↑
4. Cfr. per esempio Elena Parma Armani, Perin del Vaga: l’anello
mancante, SAGEP, 1986: I Modi vengono definiti "decisamente
pornografici" (p. 70). ↑
5. Bette Talvacchia, Taking Positions: On the Erotic in Renaissance
Culture, Princeton University Press, 1999 (p. XI) ↑
6. Ibidem ↑
7. Cfr. Alexander Nagel, The Controversy of Renaissance Art, University
of Chicago Press, 2011 (p. 223) ↑
8. Bette Talvacchia, Taking Positions: On the Erotic in Renaissance
Culture, Princeton University Press, 1999 (p. 7) ↑
9. Cfr. la voce dedicata a Giulio Romano in Francesco Milizia, Le vite
de’ più celebri architetti d’ogni nazione e d’ogni tempo, 1768 ↑
10. Cfr Bette Talvacchia, Taking Positions: On the Erotic in Renaissance
Culture, Princeton University Press, 1999 (p. 49 e seguenti) e Bette
Talvacchia, Figure lascive per trastullo de l’ingegno in AA. VV., Giulio
Romano, catalogo della mostra (Mantova, settembre - novembre 1989), Electa,
1989↑
11. Alberto Campana, Le spintriae: tessere romane con raffigurazioni
erotiche in La donna romana. Immagini e vita quotidiana, atti del convegno
(Atina, 7 marzo 2009), Editrice Diana, 2009 (p. 43). La versione online del
saggio è disponibile questo indirizzo. ↑
12. Ibidem (p. 46) ↑
13. Cfr. Alexander Nagel, The Controversy of Renaissance Art, University
of Chicago Press, 2011 (p. 237) ↑
14. Giorgio Vasari, Vita di Marcantonio Bolognese e d’altri intagliatori
di stampe in Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, 1567 ↑
15. Per una visione sintetica della vicenda, cfr. Giulio Ferroni, Storia
della letteratura italiana: dal Cinquecento al Settecento, Einaudi, 1991 (p.
131 ss.) e Pietro Aretino, Tutte le commedie, a cura di Giovanni De Sanctis,
Mursia, 1968 (p. 23 ss.) ↑
16. Cfr. Lóránd Zentai (a cura di), Sixteenth-century Northern Italian
Drawings - Észak-Itáliai Reneszánsz Rajzok, catalogo della mostra (Budapest,
marzo - giugno 2003), Szépmuvészeti Múzeum, 2003 (p. 74) ↑
17. Bette Talvacchia, Taking Positions: On the Erotic in Renaissance
Culture, Princeton University Press, 1999 (p. 5) ↑
18. Cfr. Giorgio Vasari, Vita di Perino del Vaga pittor fiorentino e
Vita del Rosso pittor fiorentino in Le vite dei più eccellenti pittori,
scultori e architetti, 1567 ↑
19✳Nota
aggiunta da Angelo Riviello Moscato sul ridisegno urbanistico della Città di
Campagna di Giulio Romano, come dalle "Vite" di Giorgio Vasari nella versione
integrale delle ediz. Isaac Newton, 1993
https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/i-modi-di-giulio-romano-opera-hardcore
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