domenica 26 settembre 2010

Luciano Inga Pin - Lettera a Luciano: Scusate il ritardo!

Luciano Inga-Pin
Pagina dedicata a Luciano Inga-Pin, per quel rapporto, breve ma intenso che ho avuto con lui, a cavallo tra il 1975-76 e il 1977-78, quando senza saperlo (né io e né lui), forse, abbiamo contribuito ad anticipare un humus iniziato negli anni 90

L'ingresso della sua Galleria "Il Diagramma", in Via Pontaccio, 12/A - Milano-angolo
Corso Garibaldi / Quartiere di Brera
Luciano, con Lea Vergine e Emi Fontana, ai tempi della Body Art (anni 70), in cui
per la prima volta presentò in Italia Marina Abramovic, Gina Pane e Urs Lüthi  (Foto Mario Gorni)


In una delle ultime foto, prima che ci salutasse
Luciano con Giovanni Tufano, in una delle tante mostre curate da lui
Luciano Inga-Pin, nella sua Casa-Galleria


Caro Luciano, 
scusa il ritardo, ma anche se a distanza di oltre un anno dalla tua “scomparsa”, mi piace scriverti adesso che ho un blog, senza l’emozione del momento …perché per me sei sempre in via Pontaccio 12 A, alle prese con le tue mostre, con i tuoi amici e con i giovani artisti…dove ho lasciato una parte di me stesso …e poi tu sai benissimo che per me il tempo è stato, ed è, relativo, molto relativo…quasi inesistente, anche se implacabile, distratto come sono, dagli impegni quotidiani e dai miei pensieri (a volte) che mi spingevano istintivamente in sentieri avventurosi abbozzati (forse in anticipo, senza rendermene conto) andando a scavare in un mio percorso formativo, partendo da una mia realtà antropologica e culturale iniziando dalle quattro mura di casa, per approdare in una realtà molto più ampia….ma senza mai fare calcoli di tempo…perché incapace nel momento magico e  ansiogeno (per me) della creatività, di “calcolare” tempi e strategie. Questo, forse anche per fattori caratteriali dovuti ad una mia riservatezza, e al "dubbio" che non mi lascia mai, che mi spingono postume a prendere coscienza?…Pare di si, ed è molto probabile…

Quanti andirivieni nella tua casa-galleria di via Pontaccio, dove volentieri mi affacciavo dal balcone chiacchierando con altri amici e compagni di strada durante le mostre che tu organizzavi. Quanti ricordi…quanti affetti…quante speranze….quanti nuovi amici conosciuti, grazie a te, alla tua capacità di comunicare e di richiamare tutta una nuova generazione di artisti. Mi ricordo quando suonavo il campanello alla tua porta vetrata. Ti affacciavi sempre con molta disponibilità, interesse e simpatia, con quegli occhi ingigantiti dagli occhiali, da sembrare due binocoli e il sorriso immancabile. Sempre gentile. Sempre sincero. Mi ricordo anche il tuo cane pastore che ti faceva da guardia per un certo periodo. Mi ricordo, in particolare, quando conobbi Giorgio Verzotti e gli parlasti in modo molto simpatico e affettuoso di me e del mio lavoro che svolgevo in bicicletta spostandomi da una zona all’altra di Milano, come agente della Casa Edtrice Einaudi, elogiandomi, come giovane artista, nel fare questa attività per vivere…

Io come altri, sono stato nella tua “sala d’attesa”. Mi dispiace solo di quel dialogo “interrotto” tra te e me, a proposito del mio lavoro, in  quegli anni a cavallo, tra il 1975-76 e il 1978… Infatti, quando ebbi modo di conoscere, tra gli altri, anche Mimmo Paladino nella tua galleria di via Pontaccio (1978), l’aria che si respirava nel mondo dell’arte, iniziava a cambiare, purtroppo non solo per gli artisti come me, ma (penso) anche per un “gallerista” come te, di punta, a cui interessava il presente in ogni attimo... Capii,  che il momento non era più favorevole per il mio modo di lavorare, tanto da scoraggiarmi nel completare la mia presentazione attraverso le opere, sia di fotografia che di alcuni film super 8 realizzati tra il 1975, 76 e il 1977-78, che dovevo ancora sistemare per la presentazione. Una mostra che di lì a poco, avrei fatto alla Galleria Taide di Salerno (di Pietro Lista e Cristina Di Geronimo), con una proiezione informale di alcuni film, tra amici, la sera dopo il vernissage, tra cui il fotografo Pino Musi, il giornalista Giovanni Ugo Di Pace, l'antropologo Paolo Apolito, il fotografo Pino Musi, Luciano Cilio, artista-musicista di quella Napoli del nuovo sound di ricerca, Carmine Limatola (detto Ableo), Gelsomino D'Ambrosio, Art Director di Segno Associati, lo stesso Pietro Lista e Cristina Di Geronimo, e altri (non ricordo se ci fossero anche Rino Mele e Angelo Trimarco), che manifestarono tutto il loro interesse. Film che poi tu hai visto in VHS, tra il 1997 e il 1999-2000. Quando alcuni giorni dopo ti telefonai mi rispondesti che ne eri entusiasta…Poi non so cosa sia successo…non ci siamo più sentiti. Io l’eterno precario (per campare) in una scuola  pubblica italiana sempre più problematica  e degradata, con tutti gli aspetti consequenziali  che si riversavano (e si riversano) nella vita quotidiana e tu…a continuare la tua attività, tra i mille impegni, con passione,  fino all’ultimo. 

Infatti in quell’anno 78, mentre Mimmo mi diceva, tra l’altro,  che stava cercando casa a Milano, il sottoscritto invece la lasciava (ad un amico pittore: Franco Tripodi) la sua piccola casetta (di 40 m2 al quarto piano di via Torricelli al n.5), che non lavorava più con la Casa editrice Einaudi, e intuendo quel “ritorno all’ordine” attraverso la manualità pittorica e il decorativismo, gli rispose che stava per lasciare quella città. Lasciare Milano, sentendosi “inutile”, data anche la difficoltà nel sopravvivere e nel rifiutare sull’altro versante, il facile mercato del sottobosco della città meneghina. Per la stima che tu sicuramente provavi nei miei confronti, fui invitato da te (dopo che avevi preventivato una mia presenza in galleria con un paio di mie opere) ad adeguarmi alla nuova realtà, che come ti dissi,  non mi sentii di “accettare”,  ringraziandoti di cuore,  convinto fino all’ultimo del mio lavoro (anche se tra mille dubbi) che stavo svolgendo e che avevo svolto fino ad allora e che stavo portando avanti, guardando oltre il presente (incosapevolmente proiettato verso gli anni 90?), che tu ancora non conoscevi bene fino in fondo, dal momento in cui “oggettivamente”(come fummo travolti entrambi dal ritorno all'ordine con lo “tzunami” della transavanguardia e di altri "movimenti" similari) fosti costretto (forse), anche senza “tradirmi” ad “abbandonarmi” e non mi fu più dato tempo di proseguire nel fartelo conoscere. Il "Nuovo Futurismo" che teorizzasti nel 1983, insieme a Renato Barilli, era ancora lontano…Così tolsi l'incomodo...non perché non sapessi dipingere "rifiutando la pittura" (anzi avrei potuto riprendere con un mio segno neo-espressionistico che avevo da adolescente allievo nell'Istituto d'Arte di Salerno), ma perché il mio lavoro guardava innanzitutto oltre me stesso, la narrative art, la body art, la performance, era molto "diverso" dalle altre esperienze che tu avevi proposto in quegli anni a Milano, tra cui due grandi della body art, Gina Pane e Marina Abramovic, Guglielmo Achille Cavellini e tanti altri. Una similitudine azzardata, era possibile con altri giovani su un lavoro (forse) prettamente fotografico (inteso come linea di partenza), ma non nell'uso dei vari mezzi tecnico-espressivi, tra cui il desiderio per un uso autonomo del mezzo filmico...

Arrivarono gli anni 80, che per me rappresentano un “buco nero”…Ormai da Milano ero rientrato a Salerno, dall’estate del 1978, dove nella mia città (Campagna), ho vissuto il tragico terremoto del novembre 80, e dove nel 1982, dopo le mie prime personali alla Galleria Taide di Salerno, nel 1978 e 1981 (che volevo e dovevo fare con te, con la proiezione di alcuni dei miei film super 8, perché è con te  e con altri cari amici artisti di Milano, che maturai una mia visione, in quella città dove ho vissuto intensamente gli anni giovanili e di una ricerca spinta agli estremi, non perché Salerno non mi andasse bene, anzi, è il mio capoluogo di provincia, la città della scuola di critica d'arte, dove ho studiato, sognando l'arte, ma al tempo stesso era una città lontana da un circuito nazionale e internazionale), per non sentirmi di nuovo “inutile”, recuperai un antico evento del fiume, in disuso ormai, che serviva, oltre che a pulire le strade della città, nella sua deviazione fluviale, ad un’economia locale che non c’era più, composta da mulini, pastifici, cartiere e creterie (trasformandolo in opera d’arte, come dicono gli amici)…e coinvolgendo “irresponsabilmente” nell'idea progettuale molti altri artisti di ogni parte d’Italia, ad esprimersi con un proprio linguaggio espressivo…attraverso la perfomance, laboratori di pittura e scultura, musica, teatro,danza, video. E così, mentre Lucio Amelio a Napoli, in contemporanea, “responsabilmente”, realizzava “Terrae Motus”, con alcuni dei mostri sacri internazionali dell'arte, dopo avermi invitato nel 1979 a partecipare, come giovane, alla "Rassegna sulla nuova Creatività nel Mezzogiorno", noi progettavamo una sorta di "Aquae Motus", con il progetto "'A Chiena", che dopo il recupero, fu restituita alla Comunità, trasformata in "Opera d'Arte e Spettacolo".

 Posso dire che nella mia vita,  fino ad oggi, ho trovato solo te come interlocutore serio e rigoroso, con cui confrontarmi  e  maturare una mia visione…anche se è mancato quel momento magico di verifica, al seguito dei numerosi incontri che facevamo, per i motivi sopraindicati, dove per un attimo ti sei “distratto”, con tutta la mia comprensione, ma al tempo stesso con tanta amarezza e rammarico da parte mia…in una Milano “grigia”, dove complessivamente ho vissuto per quasi 15 anni, nel mio nomadismo da pendolare, nei continui andirivieni, tra il nord e il sud (Milano-Salerno), nei treni affollati di 2 classe (ultimo step dal 1996 al 2003). Ancora oggi, non riesco a pensare che tu non ci sia più. Per me sei sempre in quell'appartamento di via Pontaccio, in una Brera “da movida”, vuota e  irriconoscibile, con quel tuo sorriso sempre immancabile e con quegli occhi ingigantiti dagli occhiali, da sembrare due binocoli…e la tua disponibilità al dialogo sempre aperta! Milano (la città a tolleranza zero) non ha perso solo un gallerista, ma un pilastro dell'arte contemporanea in Italia...e uno dei più importanti in campo europeo.

Caro Luciano, sapessi quanto mi è  mancata la mia prima mostra personale con te, mediante una  tipologia di lavoro basilare (1975-76-77- film super 8 e fotografia di una realtà altra, nuda e cruda), in anticipo di almeno 14 anni da quell'humus iniziato negli anni 90 (anni di fuoco), aprendo le danze dalla tua postazione milanese, con una delle prime esposizioni che facesti, ospitando tra gli altri, Betty Bee e la prima di Vanessa Beecroft, segnalata da Giacinto Di Pietrantonio...dove invitare tutti i miei amici di Milano (e i tuoi amici), con i quali sono cresciuto e mi hanno aiutato a crescere. 
Spero di poterla fare in un'altra dimensione con te, nel bruniano universo "infinito et mundi", per rifarci del tempo perduto...anche se io non credo nella reincarnazione come te...

Un caro abbraccio…
Angelo Riviello


Nel video che segue si può ascoltare un'intervista a Luciano, che (con Ivan Quaroni, Chiara Canali e altri) parla di uno degli artisti da lui presentati (Giuseppe Veneziano), nella sua galleria di Via Pontaccio a Milano, alcuni anni prima che ci salutasse, di cui condivido in toto, ciò che viene detto, ritrovandomi su tale linea di contenuti, da sempre con il mio lavoro (interdisciplinare), dagli inizi degli anni 70 ad oggi:



Luciano Inga Pin e Francesca Alinovi al Neon Bologna

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